Poker d'assi: Massimo Fantini | A quasi un mese dal Mondiale di Messina torniamo con una analisi più approfondita, alla ricerca di vincitori e perdenti, anche oltre alle fredde classifiche ufficiali. Quarta Puntata: Massimo Fantini
Massimo Fantini – Massimo è romagnolo, testardo, coriaceo, funambolico e mai domo; come Loris Capirossi. Proprio come il famoso centauro, ha vinto molto, spesso moltissimo, anche se magari meno di quanto avrebbe meritato. Ha collezionato dozzine di titoli italiani, ma anche allori europei e podi mondiali a raffica. Gli manca solo un titolo Mondiale da mettere in bacheca, ma per lui i Mondiali sono spesso stregati. In questo potrebbe ricordare il Nigel Mansell dei tempi d’oro, non solo per la guida spigolosa, ma per l’agognato titolo che pareva poter arrivare, poi sfuggiva. L’inglese a fine carriera ce l’ha fatta, per Massimo c’è ancora speranza.
Massimo al lavoro sulla 960 a Messina
Per lui il Mondiale 2005 parte subito in salita visto che deve iniziare a conoscere il suo nuovo modello, la Serpent 960, con cui esordisce proprio nell’occasione peggiore. Il debutto intempestivo del suo modello lo costringe a un lavoro di messa a punto proprio nel Mondiale in cui le prove libere sono state limitate dall’IFMAR con una motivazione tanto nobile (limitazione dei costi) quanto anacronistica e insensata (ne parleremo, ma la regola ha innalzato esponenzialmente i costi). L’unica sicurezza sono i motori, i suoi MaxPower, ma nelle qualifiche tutto gira storto. Il meccanico si ammala, qualche spenta per consumo anomalo e traffico lo relegano nei sedicesimi di finale, a metà classifica. Sono mazzate che stroncherebbero un toro. C’è anche chi dubita che Fantini prenda il via nelle rimonte, ma chi crede che Massimo si arrenda si sbaglia. Pensiero positivo: sarà un’occasione per testare auto e motore, alla ricerca della competitività perduta. Sedicesimi di Finale: Massimo vince con 78 giri in 20’01”4 davanti al francese Bestel e all’inglese Green; rifornisce ogni 4 minuti e il suo miglior tempo è un 14”556. Ottavi di Finale: Massimo vince con 80 giri in 20’07”7 davanti al giapponese Furukawa e ad Andrea Pirani; rifornisce sempre ogni 4 minuti, ma il suo miglior giro migliora con un 14”482. Quarti di Finale: Massimo migliora ancora con 81 giri in 20’11”442; e secondo dietro Surikarn Chaidejsuriya e davanti al belga Van Gastel; adesso rifornisce ogni 5 minuti, ma, nonostante questo, il suo miglior giro migliora ancora con un 14”417.
Il Team "Serpent Italia" attorno a Massimo nelle esaltanti rimonte
La progressione è innegabile, ma Fantini si trova in una semifinale di ferro con Collari, Picco, Salven, Volta, Domanin, Swauger, Chaidejsuriya e Van Gastel. Sempre citando John Belushi (Animal House): “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. Massimo e Lamberto fanno una gara parallela, sicuri di avere diritto alla finale, fanno tutto il necessario e nulla di più. Massimo Fantini vince con 4 decimi sull’eterno rivale Lamberto Collari; terzo Picco a completare una tripletta di Campioni. Tutti gli altri stanno a guardare. Se si esclude l’americano Swauger (che girava come un forsennato perché ormai tagliato fuori dalle posizioni che contano), Fantini è il più veloce della semifinale (14”516 contro 14”542 di Collari, 14”636 di Picco, 14”655 di Salven,…). Come nel caso di Salemi, anche con Fantini si grida al miracolo. Massimo è al settimo cielo: sa di aver compiuto un’impresa, dimostrando nell’ordine: - che la Serpent 960 è forse immatura, ma non sbagliata; grazie a lui e alle sue rimonte hanno trovato la quadratura del cerchio
- che una macchina può compiere quasi 550 giri cambiando, fra una rimonta e l’altra, solo una cinghia
- che i suoi motori MaxPower sono al Top, come sempre, come prestazioni, ma anche come affidabilità (3 ore senza intervento, ai loro ritmi diabolici)
- che i suoi pollici non sono arrugginiti, ma armi letali
Fantini e Picco a colloquio; discussioni fra motoristi o fra delusi della finale?
La favola potrebbe continuare in finale, ma il sottile filo della speranza si spezza e Massimo, di fatto, in finale fa la comparsa. La sua macchina è in pista, ma lui no. Prima della finale ha deciso di cambiare motore, fosse in un eccesso si prudenza, abbandonando quello usato finora per uno più fresco. Scelta diversa anche per le gomme. Entrambe le decisioni non si rivelano azzeccate e i tempi si alzano leggermente (14”546), ma è soprattutto il pilota che è a pezzi dopo le rimonte a ripetizione che ne hanno consumato le energie psichiche. Molto onestamente a fine gara ammette che il problema non è stato tanto tecnico quanto umano: “Facevo anche fatica a seguire la macchina in rettilineo, ma sono già raggiante dell’impresa compiuta. Dopo le qualifiche potevo solo sognarla”. Massimo ha ragione e lo dimostrano i tanti complimenti che piovono anche dalle persone più inaspettate, avversari compresi. Ogni tanto anche un ottavo posto vale una vittoria. Grazie Massimo: noi radiocronisti abbiamo tifato per te dal venerdì, ma ci hai ripagato abbondantemente. Claudio Cristofori
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